E’ quello che succede a Catania dal 1 al 5 di Febbraio in occasione della Festa di Sant’Agata, una delle feste più sentite e partecipate dalla comunità di questa città.
Un fiume di fedeli vestiti con un saio bianco tira il cordone agganciato al Fercolo su cui troneggia la statua della Santa e lo trascina per le tutte le vie della città, gridando l’inno di devozione a lei dedicato.
La “Santuzza” , nel suo giro, è preceduta da 11 Candelore, ovvero 11 enormi ceri riccamente decorati, che rappresentano le corporazioni dei mestieri della città di Catania.
Ciò che mi colpisce nell’osservare a ridosso del 2008 un evento di questo tipo è il connubio ancora possibile di sacro e profano: tralasciando la forma fallica di queste candelore che ricordano i riti falloforici propiziatori raccontati da Erodoto già nel 454-447 A.C. e dai quali questo rito probabilmente discende; la cosa straordinaria da osservare è come un evento fortemente connotato dalla tradizione permetta agli abitanti della città per un’intera settimana di riappropriarsi fortemente dello spazio urbano, come luogo dell’interazione sociale e dello scambio culturale e anche religioso in questo caso.
Questo evento riesce a creare una mobilitazione sociale che annienta, almeno apparentemente, ogni differenza e distinzione sociale, etnica, sessuale, di appartenenza di classe: è un vero e proprio evento di democratizzazione di un contesto sociale, al quale tutti sono chiamati, ma soprattutto si sentono in dovere, di partecipare, qualunque sia la loro identità culturale.
La questione non è da incentrare sulla fede religiosa ma all’evento che questa fede popolare riesce a creare all’interno di un contesto urbano contemporaneo, che nella maggior parte dei casi ha delegato i suoi luoghi di interazione sociale a ben altri Santi del TradeFair: la genuinità dei propositi permette alla gente di ritrovarsi per le strade e per le piazze insieme, trasformando la città in uno scenario fortemente emotivo, che rievoca l’emotività di un luogo che il contesto urbano contemporaneo ci sta facendo rapidamente dimenticare a vantaggio dei templi del consumo, nuovi veri idoli del nostro LifeStyle urbano.
Pierfabrizio Paradiso
Riferimenti
Riccardo Di Salvo, Sant’Agata a Catania, da Clubbing, Marzo 2008
Foto di Paolo Rossetti
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sabato 15 marzo 2008
Un “Santuzza” per la riappropriazione degli Spazi Pubblici
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3 commenti:
Ciao amici,
che sorpresa leggere questo articolo sulla mia città, mi piace molto e rispecchia tantissimo la realtà descritta. Sembra proprio scritta da un catanese.......
vorrei aggiunere però una cosa importante..molto importante che è stata tralasciata.
La festa di "Santaituzza", da spunti genuini di cui è impregnata, è controllata dalla mafia a braccetto con la chiesa e con i politici locali. La cosa ancora più sconvolgente è che tutti sanno e nessuno parla:
Il clan SantaPaola che tiene il controllo del territorio e il commercio della droga conduce questa festa per evidenziare il proprio prestigio sulla città granantendo alla chiesa lo svolgimento senza problemi. Intanto i politici locali lasciano fare, in attesa di una prossima elezione per il ritorno della medaglia: "il voto".
Tutto s'intreccia.
Questi si sono appropriati della nostra festa, delle preghiere e delle speranze della fede popolare.
Grazie per avermi dato la possibilità di esprimere questa insofferenza che non è solo mia ma di tutti quei catanesi che non lo vogliono accettare..... intanto,aspettiamo di festeggiare il prossimo anno.
Ringrazio anche chi ha scritto l'articolo.
a presto
Ivana... catanese.
ci sono stato due anni fa....
si mangiano dei panini con la carne di cavallo da fartelo stare dritto tutti e cinque i giorni della festa...
aggiungo poi che in sicilia c'è modo di sfruttare l'inconveniente dato l'alto tasso di bellezza femminile.
viva la satuzza!
e che i fedeli facciano pure quello che vogliono....
ciao ragass
insomma la Sicilia è sempre lì che chiama, che ci aspetta, che ci ospita.... che ci ama! Dovremmo "ricambiare"!
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